lunedì 12 febbraio 2018

SEGUENDO UN VERSO, 3

I nostri lettori ricorderanno che nel 2014 abbiamo seguito l’ultimo verso del perfetto e celebre sonetto del poeta barocco Luis de Góngora (1561-1627): Mientras por competir con tu cabello: un verso che porta all’estremo il vecchio tema del Carpe diem. Il 12, 14, 16 maggio avevamo letto il sonetto in originale, nella traduzione di Leone Traverso e in quella più celebre di Giuseppe Ungaretti; poi, le versioni di due traduttori più recenti, Loris Pellegrini e Giulia Poggi; infine, avevamo letto un’imitazione e una riscrittura. La prima, del nostro Ciro di Pers (1599-1663), successiva all’originale di alcuni decenni appena. La seconda, della messicana Suor Juana Inés De La Cruz (1651-1695), di un secolo dopo. Infine, il 19 maggio avevamo letto una poesia, La spiaggia, del poeta spagnolo Eloy Sánchez Rosillo, nella quale, a distanza di secoli, quel verso di Góngora subisce una trasformazione.  
Il 17 e il 20 ottobre 2014 eravamo poi tornati sul sonetto di Góngora, per proporne altre due versioni di Ungaretti: la prima del 1932, che dunque precedeva di sedici anni quella pubblicata il 12 maggio, e molto diversa; la seconda, appena successiva, del 1948, uguale a quella da noi pubblicata solo nei primi sei versi. Il resto è una revisione completa, col sigillo, appunto, dell’ultimo verso che perde una parola: ombra. «Ritocco decisivo»,  commentava il poeta catalano Pere Gimferrer, «e tributo al proprio modo di dire». E poi, il 20, con due altre versioni dello stesso sonetto: l’una di Gabriele Mucchi, anch’essa del 1948, e l’altra di Cesare Greppi del 1984.

Questa lunga premessa mi sembra necessaria, ora, per introdurre quello che potrebbe essere addirittura il precedente ispiratore di quel celebre verso. Si tratta di un sonetto del poeta francese Mellin de Saint-Gélais (1487-1558): TreizainPar l’ample mer, loin de ports et arènes. Non so – e non ho modo di sapere – se Góngora lo conobbe e ne trasse ispirazione, ma resta il fatto che l’ultimo verso del suo sonetto somiglia molto a questo di Saint-Gélais.
La traduzione delle due terzine che qui di danno è dello scrittore Sergio Ferrero (1926-2008) e si trova in un prezioso libro di traduzioni, Passeggero bendato tra noi sedeva Amore – pubblicato nel novembre 2015 da Sedizioni – nel quale si trovano splendidamente tradotti molti lieder di Heine e varie poesie di diversi altri poeti francesi.


COSÌ LA VITA CHE TANTO CI È CARA

Così la vita che tanto ci è cara,
come sirena insidiosa e incostante,
di sue dolcezze ci avvolge e travolge,
sinché la morte rompe remo e sarte,
e poi di noi non resta che una fiaba,
meno che vento, ombra, fumo, sogno.

Traduzione di Sergio Ferrero



Questo è l’intero sonetto in lingua originale:

Mellin de Saint-Gélais

Treizain

Par l’ample mer, loin des ports et arènes
S’en vont nageant les lascives sirènes
En déployant leurs chevelures blondes,
Et de leurs voix plaisantes et sereines,
Les plus hauts mâts et plus basses carènes
Font arrêter aux plus mobiles ondes,
Et souvent perdre en tempêtes profondes;
Ainsi la vie, à nous si délectable,
Comme sirène affectée et muable,
Et ses douceurs nous enveloppe et plonge,
Tant que la Mort rompe aviron et câble,
Et puis de nous ne reste qu’une fable,
Un moins que vent, ombre, fumée et songe.



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