IL CANTO DELL'ODIO
Quando tu dormirai dimenticata
Sotto
la terra grassa
E la croce di Dio sarà piantata
Ritta
sulla tua cassa,
Quando ti coleran marcie le gote
Entro
i denti malfermi
E nelle occhiaie tue fetenti e vuote
Brulicheranno
i vermi,
Per te quel sonno che per altri è pace
Sarà
strazio novello
E un rimorso verrà freddo, tenace,
A
morderti il cervello.
Un rimorso acutissimo ed atroce
Verrà
nella tua fossa
A dispetto di Dio, della sua croce,
A
rosicchiarti l’ossa.
Io sarò quel rimorso. Io te cercando
Entro
la notte cupa,
Lamia che fugge il dì, verrò latrando
Come
latra una lupa;
Io con quest’ugne scaverò la terra
Per
te fatta letame
E il turpe legno schioderò che serra
La
tua carogna infame.
Oh, come nel tuo core ancor vermiglio
Sazierò
l’odio antico,
Oh, con che gioia affonderò l’artiglio
Nel
tuo ventre impudico!
Sul tuo putrido ventre accoccolato
Io
poserò in eterno,
Spettro della vendetta e del peccato,
Spavento
dell’inferno:
Ed all’orecchio tuo che fu sì bello
Sussurrerò
implacato
Detti che bruceranno il tuo cervello
Come
un ferro infocato.
Quando tu mi dirai: perché mi mordi
E
di velen m’imbevi?
Io ti risponderò: non ti ricordi
Che
bei capelli avevi?
Non ti ricordi dei capelli biondi
Che
ti coprìan le spalle
E degli occhi nerissimi, profondi,
Pieni
di fiamme gialle?
E delle audacie del tuo busto e della
Opulenza
dell’anca?
Non ti ricordi più com’eri bella,
Provocatrice
e bianca?
Ma non sei dunque tu che nudo il petto
Agli
occhi altrui porgesti
E, spumante Licisca, entro al tuo letto
Passar
la via facesti?
Ma non sei tu che agli ebbri ed ai soldati
Spalancasti
le braccia,
Che discendesti a baci innominati
E
a me ridesti in faccia?
Ed io t’amavo, ed io ti son caduto
Pregando
innanzi e, vedi,
Quando tu mi guardavi, avrei voluto
Morir
sotto a’ tuoi piedi.
Perché negare – a me che pur t’amavo –
Uno
sguardo gentile,
Quando per te mi sarei fatto schiavo,
Mi
sarei fatto vile?
Perché m’hai detto no quando
carponi
Misericordia
chiesi,
E sulla strada intanto i tuoi lenoni
Aspettavan
gl’Inglesi?
Hai riso? Senti! Dal sepolcro cavo
Questa
tua rea carogna,
Nuda la carne tua che tanto amavo
L’inchiodo
sulla gogna,
E son la gogna i versi ov’io ti danno
Al
vituperio eterno,
A pene che rimpianger ti faranno
Le
pene dell’inferno.
Qui rimorir ti faccio, o maledetta,
Piano
a colpi di spillo,
E la vergogna tua, la mia vendetta
Tra
gli occhi ti sigillo.
Questo sì ch'è amore.
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