lunedì 31 ottobre 2016

Adriano Grande

ALLA PIOGGIA E AL SOLE

Di pochi fiori un vaso
come in un bosco in cuore
nascondo. Si rallieta
del sole che goder per brevi istanti
gli è dato fra le ombre
stormenti.
                    Se resta lontana
l’ebbrezza della loggia
dove la luce ride ogni momento,
il mare incendia, il cielo,
le strade e i campi; se lo bagna a caso
la pioggia
per troppe dita di foglie filtrata,
ormai, di giorno in giorno,
sembra che i taciturni
colori gli ravvivi un misterioso
succo di gioia: e gli occhi di chi guarda
ne sian chiamati, con stupor leggero,
ad obliar le grandi piante intorno.


venerdì 28 ottobre 2016

Vincenzo Cardarelli

AUTUNNO

Autunno. Già lo sentimmo venire
nel vento d’agosto,
nelle piogge di settembre
torrenziali e piangenti,
e un brivido percorse la terra
che ora, nuda e triste,
accoglie un sole smarrito.
Ora passa e declina,
in quest’autunno che incede
con lentezza indicibile,
il miglior tempo della nostra vita
e lungamente ci dice addio.

mercoledì 26 ottobre 2016

Diego Valeri

RIVA

Il mio bene è su questa lunga riva
dove lunghi si stendono i tramonti
del cielo e del canale: un rosso un oro
di ricordo a inseguir la fuggitiva
felicità del sole, un fermo volo
di spazi tra precipiti orizzonti
sparsi di fuochi vaghi; e gli oscillanti
alberi dei velieri con la rete
delle tremule corde, e questo canto
silenzioso d’acque vive e chete
che si spengono in ombra d’amaranto.



lunedì 24 ottobre 2016

Aldo Palazzeschi

LO SCONOSCIUTO

L’hai veduto passare stasera?
L’ho visto.
Lo vedesti ieri sera?
Lo vidi, lo vedo ogni sera.
Ti guarda?
Non guarda da lato,
soltanto egli guarda laggiù,
laggiù dove il cielo incomincia
e finisce la terra, laggiù
nella riga di luce
che lascia il tramonto.
E dopo il tramonto egli passa.
Solo?
Solo.
Vestito?
Di nero, è sempre vestito di nero.


venerdì 21 ottobre 2016

Riccardo Bacchelli

MEMORIE D’ADOLESCENZA

Un’estate, che d’estate son i tramonti lenti,
pesante quant’è il sonno e la stanchezza                                                                                   medesima,
non avrei voluto altro che riposare, se fosse stato
possibile. Non reggeva più neppure la voglia
amara d’inasprire in me stesso il mio male.
Non avrei voluto cedere in nulla, ma invece
mi toccava assopirmi al sole in materia
stanca. E dalla stanchezza un filo di melodia.
Supino, ombre e sole, foglie
e cielo, silenzio e cicale. Le mani
le abbandonava sull’erba riarsa, si tuffava
nell’estate l’anima e tornava d’ogni parte
carica d’ogni cosa, non articolava, non                                                                                 distingueva,
tornava stanca. E non poté credere a se stessa
la mattina che le filtrò un’estatica canzoncina.


mercoledì 19 ottobre 2016

Clemente Rèbora

PIOGGIA

O pioggia dei cieli distrutti
che per le strade e gli alberi e i cortili
liquida sciacqui uguale,
tu sola intoni per tutti!
Intoni il gran funerale
dei sogni e della luce
nell’ora c’ha trattenuto il respiro:
bussano i timpani cupi,
strisciano i sistri lisci,
mentre occupa l’accordo tutti i suoni;
intoni il vario contrasto
della carne e del cuore
fra passi neri che han gocciole e fango:
scivola il vortice umano,
vibra chiuso il lavoro,
mentre s’incava respinta l’ebbrezza.
Ma tu, ragione, avanzi:
onnipossente a scaltrire il destino,
nell’inflessibil mistero
a boccheggiar ci lasci;
ma voi, rapimento e saggezza
in apollinea gioia
in sublime quiete,
al marcio del tempo le nari chiudete
o mitigando l’asprezza
nella fiala soave dell’estro
o vagheggiando dall’alto
la vita, che qui di respiro in respiro
è con noi belva, in gabbia chiusa!
Un’eletta dottrina,
un’immortale bellezza
uscirà dalla nostra rovina.


lunedì 17 ottobre 2016

Elio Pecora

LUOGO DEI LUOGHI

Luogo dei luoghi
identico all'altro sognato
cammino lo specchio
minutamente infranto
passo spiando
il già spiato
sosto un poco cantando.

da Motivetto, M.Spada Editore, 1978


Fa piacere segnalare che domani, alla Biblioteca nazionale centrale di Roma, avrà luogo una giornata di studi su Elio Pecora dal titolo IL TEMPO E LA VOCE.

venerdì 14 ottobre 2016

Nail Chiodo

INVITO A UNA SEDUTA SPIRITICA AL TAVOLO DEL BANCHETTO


Se avessi il privilegio della tua compagnia,
Bob Dylan, per un tête à tête, una sera a casa mia, 
t’offrirei per prima cosa quello che credo sia
il miglior posto per sedersi; poi, se ci fosse altro
che, spero, gradiresti e che potrei offrirti
farei del mio meglio per procurartelo.
Poi però starei zitto, come tu fossi un re
di fronte al quale si parla solo se richiesti.
Se prima della fine della serata – alla quale potresti 
desiderare dare un taglio! – fossi tanto gentile                           
di chiedere d’esprimermi riguardo a una questione
che io – una specie di tuo suddito – penso
possa avere per noi un comune interesse,
potrei azzardare a dirti: “Mi stavo domandando
se accetteresti il Nobel per la letteratura
nel caso in cui ti fosse – finalmente, direbbero
certo in molti – assegnato. Perché anch’io
non avrei da ridire – nel caso l’alto onore
per la letteratura ti venisse accordato.
Me ne starei seduto in bilico sul bordo della sedia
a sentire il Discorso che faresti al Banchetto!
Ma ancora più impensabile per me sarebbe quello                    
che poi potresti dire nella tua Allocuzione.
Allora, me ne starei a orecchie spalancate,
come è indubbio farebbero in tutto il mondo.
E parleresti a lungo, in bella prosa?
Hai idea dell’argomento che potresti affrontare?”                     
Questo, caro Bob Dylan, è quel che vorrei chiederti.
(Sia chiaro, non presumo d’indovinare la risposta.           
Non potrei mai metterti in bocca le parole.                               
Però sarei un ipocrita se ora non ammettessi
che mi scompiscierei a sentire, nel tuo regale hick:               
“Mica sono venuto qui per farvi la predica”).

Traduzione di Francesco Dalessandro 

mercoledì 12 ottobre 2016

Ceccardo Roccatagliata Ceccardi

L’AUTUNNO DI RAMO

L’autunno di ramo
in ramo si raccoglie
come un uccello al vento:
e un lamento di foglie
mesce con un richiamo
di piogge, di fontane
e d’ombre. Il pianto
vaga in aria a lontane
solitudini, oscilla
di villa in villa,
e scolora ogni fronda.


lunedì 10 ottobre 2016

Angiolo Silvio Novaro

IO TI VOGLIO FABBRICARE UN CAPANNO

Io ti voglio fabbricare un capanno
di frastagliata verdura
che duri in sua verdezza tutto l’anno,
sorretto da una solida ossatura,
di cinque bei paletti di legname
coloriti di verderame
e rivestiti di frasche odorose,
di forcelle e di viticci,
di graziose volute di ricci
ove il genio mio si scapricci
empiendo i vuoti di ciocche di rose.

Tu poserai là dentro a tempo perso:
vedrai l’anima del silenzio, e attraverso
le foglie e i fiori, un azzurro eguale
rotto solo da qualche frullo d’ale:
e il sole del mio amore scenderà piano
a toccarti la gola e la mano.
Dentro la musica del mio verso
ti distenderai così bene!
Sentirai un felice sangue scorrerti le vene,
e socchiudendo un poco gli occhi mori
numererai sulle dita i tuoi tesori.


venerdì 7 ottobre 2016

Domenico Adriano

UN SILENZIOSO SCHIANTO

Un silenzioso schianto
in pieno sole
troncò alla radice
questo giovane albero:
se ne sta disteso
nel lume del suo rame.
Il vento il cupo verde
˗
e noi la natura
allegri inginocchiati. Siamo giunti
in questa radura
dall’alto di un sentiero
che fecero animali
teneri e possenti, ghiotti
di spine appena nate.


Da Dove Goethe seminò violette, Il labirinto 2016

mercoledì 5 ottobre 2016

Giuseppe Rosato

IL DISTACCO SARÀ DA QUESTE COSE

Il distacco sarà da queste cose
minuscole che ci si fanno incontro,
lo sguardo vi si posa e le oltrepassa
carezzandole lieve ad una ad una.
Questo il vuoto che sale e si dislaga
pensando all’abbandono
non della vita grande, che si perde
ma quando s’era già perduta, quando
in un preciso punto
c’era stato il commiato.


Da Conversari, Casa Editrice Rocco Carabba, 2014

lunedì 3 ottobre 2016

Aleksandr Blok

I DODICI

10.

Oh folleggia l’uragano,
            l’ura – l’uragà!
Non si vede più un cristiano
            a due passi in là!

La neve gira a spirale
ed a colonna risale.

«Domineddio, che tempesta!»
«Pietro! perdi ora la testa?
Ti scampò dalla disdetta
mai l’icona benedetta?
Mi diventi un incosciente:
via, ragiona rettamente.
La tua mano ancor macchiata
è del sangue dell’amata!
Tieni il passo rivoluzionario,
ché non sonnecchia l’avversario!»

            Avanti, in alto i cuori!
                        Urrà, lavoraori!


Traduzione di Renato Poggioli

da I dodici, Einaudi, 1965