lunedì 11 luglio 2016

Francesco Dalessandro

UNA VOCE *


Mi avvicino alla porta-finestra e nella sera
azzurrina di maggio, appressandosi i cari
e i dolorosi anniversari, guardo fuori
col cuore in tumulto svuotato ma pieno
di umana pietà di concordia col verde
dei giovani lauri e la snella mimosa
sfiorita con l’ortensia malata (che disperi
di salvare) e le gialle ginestre col dolore
della mente e l’età dissennata che non vuole
darsi pace: il giardino è deserto, chissà dove
tra la siepe e il cemento le tue tartarughe
sono chiuse nel sonno, è un miracolo
che la debole rima si schiuda ad afferrare
e tenere la tenera luce morente sulle foglie


poi sarà la stanchezza a stordirci (ma dopo
l’amore), verrà un sonno inquieto
ad accoglierci in un nido d’incoscienza –
vola basso la mente mentre il cuore
corre rapido al ricordo degli amici –
perduti, dice Shakespeare, nella notte
senza fine della morte – e nella nebbia
che anticipa il sonno un passato d’innocenti
sereni peccati d’amore ribrilla cristallino
dirada il buio acquieta l’ansia placa
rimpianti e rimorsi… “come il giorno
di maggio al suo morire o incidere un verso
con la punta dell’unghia…” sussurra
dal deserto dell’anima forse dal giardino


una voce.


da Lezioni di respiro, Il Labirinto 2003


Leggerò questa poesia domani sera a LETTERATURE, Festival Internazionale di Roma, XV Edizione, Basilica di Massenzio, Via dei Fori Imperiali, Roma - insieme al sonetto XXX di Shakespeare, da me tradotto, e al quale si fa riferimento - nell'ambito della serata dedicata a Shakespeare e a Cervantes. 



1 commento:

  1. Leggendola una seconda volta (e ve ne saranno altre ancor più liete dato che l'ho trascritta sul mio libro di poesia), questa poesia schiude nella mia anima un fiore, d'un sentimento tenero e partecipativo, con l'emozione che risiede tra le pieghe d'un sogno di mezza estate. E' forse lì che il poeta ha tratto la sua ispirazione, nel suo giardino della vita creativa, fatta di quotidianità. Dicevo che sboccia un fiore, forse d'oleandro, colorato e delicato più dell'alloro, oppure un fiore di loto legato da un sottile filo di sogni, che si ammatassa per il rammarico di non poter ascoltare il suono "vivo" della voce del poeta, che darà vita alla poesia nella cornice imperiale della città eterna.
    Un pensiero per la piacevolissima lettura
    Un caro saluto

    RispondiElimina