lunedì 31 agosto 2015

Giovanna Sicari

ARRIVATI ALL’ORA ZERO 

Arrivati all’ora zero dell’esplorazione
costeggiando la secca palude, vicini al muro
credemmo che la campagna tendesse tranelli.
Divertiti, infrangendo il vetro, ci prendemmo
come se il muro fosse zattera, battito
di un nostro privato martirio.
Dormivano i corpi dopo la valanga del giudizio
stesi lontano dalla rivalità,
ci chiamammo terra di spighe
con i polsi in fondo bagnati, ridevamo
in un lago con le maglie incrociate
scandagliando le nostre fibre.


Da Ponte d’ingresso, Rossi e Spera Editori, 1986


venerdì 28 agosto 2015

Giancarlo Pontiggia

NOMI E NATI

Nomi e nati
io pongo i vostri confini qui,
lungo il corso dell’intero anno,
fin dove con suoni vi avrò chiamati;

ogni cosa che intendo
aver detto, ogni nome e ogni nato,
per voi sarà qui ogni confine, a sinistra

ogni cosa che intendo
aver detto, ogni nome e ogni nato
per voi sarà qui ogni confine, a destra,

tra questi segni, in questa direzione,
secondo misura di occhi, cuore e mente
comunque, entro questi limiti,
nel modo che solo va inteso,
entro i confini del canto


da Origini, Poesie 1998-2010, Interlinea Edizioni 2015

mercoledì 26 agosto 2015

Salvatore Ritrovato

FUORUSCITO

Certe mattine sono uno che entra ed esce
dalla vita, estraneo all’estranea
e sempre nuova guerra
delle ore domestiche.
La faccia di chi corre avanti
e non sa chiedere altri sogni
ma lascia tutto, in fretta.
E non sa se ha perso nell’attiguo tinello
un abbraccio o un ombrello.

Da L’angolo ospitale, La vita felice, 2013


lunedì 24 agosto 2015

Francesco Serrao

SI PARLA DI UNA DONNA

Tra nebbia stelle fredde di voglia di notte
ci sei tu che ti sporgi nel buio,
passa la cometa lontano tra vicoli e strade
tra prati e giardini
sul tuo viso risplende la notte, la notte dei sensi,
cose strane accadono in cielo
il tuo volto è sudato
la bufera già azzurro, lontana,
assenza reclama di barche e di flutti
di amanti marini, e su tutto scende il vento,
quello strano vento che cangia,
delimita i contorni del mare
illividisce poi, rende viola tra poco.

Da Tra notte e mattino, Garzanti, 1985


venerdì 21 agosto 2015

Guillaume Apollinaire

ALLA SANTÉ

V

Come lente passano le ore!
Al passo di un funerale

Tu piangerai quest’ora in cui tu piangi
che troppo in fretta passerà, eguale
a tutte le ore che passano

VI

Della città odo i suoni, e prigioniero
senza orizzonte nulla vedo tranne
un cielo ostile e nude le pareti
della prigione

Il giorno se ne va, ecco si accende
una lampada dentro la prigione
Noi siamo soli dentro la mia cella
luce tu bella, tu cara ragione

Traduzione di Eurialo De Michelis

da Poesie, Nuova Accademia Editrice, 1960

mercoledì 19 agosto 2015

Guillaume Apollinaire

ALLA SANTÉ


III

Dentro una fossa vado come un orso
ogni mattina a passeggiare
Giriamo sempre giriamo giriamo
e una catena (il cielo è blu) facciamo
Dentro una fossa come un orso vado
ogni mattina a passeggiare

Nella cella ch’è a muro con la mia
fu aperta l’acqua e scorre via
Con le sue chiavi che fa tintinnare
vada e venga la guardia se gli pare
Nella cella ch’è a muro con la mia
fu aperta l’acqua e scorre via

IV

Come fra queste mura m’intristisco
nude e dipinte a pallidi colori
Sulla carta una mosca a fitti passi
percorre le mie righe ineguali

Che ne sarà di me Dio che conosci
il mio dolore Tu che me l’hai dato
abbi pietà degli occhi miei che senza
lacrime sono, e il mio pallore, e il suono
del mio sgabello incatenato,
e tutti i cuori che nella prigione
battono, e l’amor mio che mi accompagna,
soprattutto pietà della ragione
che mi cede, già debole, e di questa
disperazione che la guadagna


Traduzione di Eurialo De Michelis


da Poesie, Nuova Accademia Editrice, 1960

(segue)

lunedì 17 agosto 2015

Guillaume Apollinaire

ALLA SANTÉ


I

Prima di entrare in cella necessario
fu di mettermi nudo
E che lugubre voce urla “Guglielmo
cosa sei divenuto”

Lazzaro che entra nella tomba invece
di uscirne com’ei fece
Addio addio canoro girotondo
o miei anni o fanciulle

II

No qui dentro più non mi sento
d’esser io me medesimo
Il numero quindici sono
reparto undicesimo

Attraverso l’appannamento
dei vetri filtra giù il sole
Saltimbanchi fan sui miei versi
i raggi le capriole

E ballano sopra la carta
mentre il mio cuore ascolta
qualcuno che batte col piede
la volta

Traduzione di Eurialo De Michelis

da Poesie, Nuova Accademia Editrice, 1960

(segue)

venerdì 14 agosto 2015

Alessandro Ricci

A FRANCESCO DALESSANDRO

Questa piazza grande
dove l’annata si fa
più querula ai partenti
e più insieme che altrove
s’uniscono gli uccelli migratori
ai misteri d’Egitto,
saputo infine lo scacco
che alla mancanza d’ali
non supplisce l’immaginario, né,
a questo, dei versi o un amore
cui dedicarli;
la grande piazza,
che oggi aduna la metà forse
dell’intero volare
che c’era ieri,
è meno spazio che tempo.

Ho amato la mia città. Il sacro
odio
d’esservi vittima e complice
non la tocca.

Gli ultimi anni di storia
non li ho capiti.

Tra ceffi furenti e astuti, cui
è disdetta l’inutile, il bello
che non ripaga, il vero che turba,
mi spetta una morale decrepita,
un’arte maligna m’innamora
dei vecchi intolleranti
– occhi vitrei, non numerosi –
che si son dati convegno
qui nell’alberata, alla seconda
o terza tramontana d’avvertimento,
per riascoltare astanti, giusto
chi va e chi resta,
quest’ennesimo
canto pagano.

Chi ha perso cuore in un viaggio
brevissimo e decisivo, poi delirando
s’appaga, autunno dopo autunno,
a un vero volo d’uccello
per anima dedicata.

Le religioni consolatorie
non inventano amori come questo:
i mari, i cieli, il quarto
Sahara che s’avvista,
insieme e per sempre;
né l’inferno dell’infreddata,
che t’inchioda al crepuscolo, quando
giovani ali ti lasciano una volta
per tutte a terra, solo,
sgomberato dalla morte.

Qui bisogna parlare chiaro, fingere.

Non ho il coraggio
di vivere tutta la vita,
di morire tutta la morte
nel momento della partenza.

Prima dell’ultimo baccano evado
infamato dal serraglio e sturo
in via Nazionale; non ho avuto
parole di potenza per i vecchi
rimasti, non ho amore per me.
                                                 Il quinto
tramonto che ricordo così diritto
in fondo, sulla Colonna Traiana,
è sul sepolcro di Bìbulo. In ore
come queste Epicuro apriva
il giardino agli amici, e non
se ne vantava: semplicemente
era lieto.

Dove posso andare fra queste donne
enormi nelle pellicce, dove la luce
dalle vetrine è materia, dove
il desiderio è materia,
dove l’amicitia, il cor gentile
là sulla Torre delle Milizie,
tutto è materia, Checco, ma non
così com’era allora e per
contrario che già sapevano,
e c’era un vuoto pneumatico
tra i pensieri che lo creavano,
in un’Attica sospesa
fra Jonio e Egeo
come nuvola leggera
da parole purissime.

Tra i sei
e i settecento metri d’altezza,
gli uccelli che vanno via
formano e sfanno figure geometriche,
poligoni nella sera
che si fa fredda, oscena
tana di pipistrelli.

Da Indagini sul crollo, Edizioni del Leone, 1989


mercoledì 12 agosto 2015

Carlo Betocchi

                                    dedicata ad Alessandro Ricci

L’OPERA COMUNE
Per dedica all’amico poeta, critico, lettore

Tra noi che vale, se ti mando in dono
questi miei versi, o tu parli di me,
che vale il ricordarci quanti sono

i debiti che abbiamo l’un con l’altro,
ogni dedica è scritta, e non ce n’è
di migliori, né un lascito più scaltro

di quel che scrisse il reciproco amore
del fare insieme, senza chieder conto
di nulla che a quell’opera maggiore

ch’era, non si sa come, amore insieme
operante, che gode del suo vivere,
e noi siam nulla, l’abolito seme...

È l’opera comune che ha valore,
dimenticami, guardami nel vero
di ciò che fai con lo spontaneo cuore

sempre in quel senso dov’è il più sincero
creder comune, fiamma di candele,
ex voto che favellano al mistero,

consumando il lucignolo e le pene
nel pensier generale, e qual si spegne
prima non conta, è la vita che tiene.


Da Poesie scelte, Oscar Mondadori, 1978

lunedì 10 agosto 2015

Giancarlo Pontiggia

ANCORA PENSIERI FELICI

5

e ancora penso a voi, rosai
di un’altra sera, e ai venti
che battono azzurri sulla costa
tirrena, quando
la polvere del meriggio infuoca
tra viottoli

6

preservo memorie non mie
di stagni e di ninfe
che passano odorose
dipinte in giallo e in minio
in un coro semplice di suoni

7

Azzurri viandanti, in cammino
lungo cieli che più non vedo, messaggeri
del cuore lontano: siete

come le parole dei poeti
gettate nel remeggio
scuro del mondo,
simili a un ramo d’oro, a una bacca
di luce


da Origini, Poesie 1998-2010, Interlinea Edizioni 2015

venerdì 7 agosto 2015

Salvatore Ritrovato

UN POETA, SECONDO MANDEL’ŠTAM

Negli occhi ho questa luna esanime
e la tenebra malata che l’avvampa.
Tendo ogni giorno quello che posso
la vela al vento sulla barca
e i remi al largo nel discorde
traffico di panfili
(su ribollenti marine)
e zattere, zavorre
indifferenti al cielo
antico, alle illusioni.
Faccio ogni anno quello che posso
portando alle labbra l’umore
vischioso della terra
madre sempre di laidi insetti
radici che si aggrovigliano
tra stagioni vive e morte.
Ma dov’è la leggenda di quell’uomo
che cantava ai detenuti
le traduzioni di Petrarca?
E l’amore deve perdersi
in questa vigilia di sterminio?

Da L’angolo ospitale, La vita felice, 2013


mercoledì 5 agosto 2015

Mariella De Santis


IO A TE DICO

Io a te dico
voglio abbia i miei occhi
la morte quando arriva,
voglio specchiarmi appena civettuola
dentro la vita fatta e da finire.

Per una volta essere
la mia garbata ospite,
porgermi la mano in piedi
poi farmi accomodare,
piano accostare le persiane
e senza rimpianti uscire.

Da La cordialità, Nomos Edizioni, 2014


lunedì 3 agosto 2015

Folgóre da San Gimignano

D’AGOSTO

D’agosto sí vi do trenta castella
in una valle d’alpe montanina,
che non vi possa vento di marina,
per istar sani e chiari come stella;

e palafreni da montare in sella,
e cavalcar la sera e la mattina;
e l’una terra all’altra sia vicina,
ch’un miglio sia la vostra giornatella,

tornando tuttavïa verso casa;
e per la valle corra una fiumana,
che vada notte e dí traente e rasa;

e star nel fresco tutta meriggiana;
la vostra borsa sempre a bocca pasa,
per la miglior vivanda di Toscana.

Da Sonetti dei mesi, a cura di Valerio Bartoloni, con incisioni di Romano Masoni, Comune di San Gimignano, 2007