LA VALLE DELL’ARTE
I
Questa è la valle dell’arte: pensare è come morire
ogni istante e rinascere per combinazioni
di vita improbabili. Posso solo recitare, senza
pubblico, intenzioni e promesse del presente
su scale di arengari e su dorsi di leoni di pietra,
misurando da cupole e torri azzardate la distanza
dai limiti, dove la casualità svela gli inganni.
II
La valle è un’iperbole, un miraggio solare
sotto un mare di nuvole, raccoglie tutte
le età, ognuna con materie da modellare.
I silenzi goduti nei chiostri e nei parchi
occultati trasformano le mie verità sottaciute
in presenze ostinate. Per amicizia, offro
un biglietto d’ingresso al primo forestiero.
III
A sfide impareggiabili servono creazioni, sogni
irragionevoli, alle aspirazioni tempi durevoli
per far belle le storie, non facili agiografie
intarsiate su cornici di marmo. Indelebile rimane
solo la piattaforma di tetti rossi, quasi lasciva,
a nascondere le stagioni d’internauti compulsivi
impegnati a sondare l’impercettibile, che siamo noi.
IV
Noi, stereotipi inconsapevoli, nomi cancellati
da archivi già obsoleti, senza spunti narrabili
di odi e di amori, non avremo l’onore dei fermenti
e delle passioni affrescate nei palazzi dei Signori
(eredità passate di mano a successori inadeguati).
I nostri sono tempi di esodi, di cortei arcaici
e di stragi, di odori di mirto e di grano perduti.
V
Giuditta e Perseo vibrano armi bianche all’aria
della piazza, tacciono sbigottiti tutti i linguaggi.
L'estetica è morta nell’Oriente dissolto. Nessuno sa
delle fughe nei deserti. L’ingegno dell’Occidente
produce esuli muti a cui bruciarono le radici
in terra; non ne vedremo l’anima scolpita su cippi
sotto gli archi di una loggia esposta ai vènti.
Giugno-Settembre 2015
(inedita)
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