lunedì 19 ottobre 2015

Vito Riviello

Parole per Vito

A sei o sette anni, mi trovai per la prima volta in mezzo ai preparativi di un funerale. Gli urli e i pianti intorno a me mi spaventavano molto, perciò mi tenevo aggrappato, tremante, alle gonne di mia nonna: capivo d’avere a che fare con qualcosa di terribile e ne avevo paura. Allora, mia nonna, che si accorse del mio spavento, si chinò su di me, mi sorrise e disse, in dialetto: «Se rii la ècchia scappa». Se ridi, o sorridi, la vecchia scappa. Chi fosse la vecchia non chiesi. Non aveva importanza. Ma compresi quel che aveva inteso dirmi: le diedi retta, sorrisi anch’io e tutta quell’agitazione cominciò ad apparirmi in una luce un po’ ridicola; non ebbi più paura. Insomma, il riso (l’umorismo, il ridicolo) vince anche la morte.
Non avevo più pensato alle parole di mia nonna, fino alla sera in cui lessi questi versi di Vito Riviello: Ci scappa il morto! / Ci sta scappando / il morto ci è scappato. / È fuggito in una morte seria... Il doppio uso del modo di dire mi divertì e mi sorprese e risvegliò quel lontano ricordo. La poesia è intitolata Qualità di morte, dalla raccolta Dagherrotipo del 1978. Proprio in quegli anni conobbi Vito e quel libro fu il primo suo che lessi. Da allora, leggere la poesia di Riviello mi ha sempre ricordato quella frase. La sua ironia, la sua vena comica e surreale, sono il riso che scaccia la “vecchia”, un esercizio di esorcismo contro… Contro quel che volete, appunto: la paura, la morte, o solo la fatica quotidiana, l’ansia della vita. Non che questo fosse l’intento di Vito, forse, ma io la sua poesia la leggo così. E gliene sarò sempre grato.
Ma ecco la poesia.


QUALITÀ DI MORTE

Ci scappa il morto!
Ci sta scappando
il morto ci è scappato.
È fuggito in una morte seria
                      d’occhi compiti
e vasi etruschi
fuggendo dalla morte nemica
di bossoli nutrita.
Morti perfettamente uguali
           pur nelle distinzioni
                                             ipocrite
dell’orride devastazioni.
Come faranno le religioni
a riconoscere gli accoliti.
Solo chi li vede non li distingue
in cadaveri rossi o azzurri.
Da un morto all’altro stiamo fuggendo
sotto il manto delle stelle.
Se dal torbido sogno
           mi svegliassi antilope
apprenderei la virtù dei forti.

Da Assurdo e familiare, Piero Manni, 1997


1 commento:

  1. Grazie Francesco per questo omaggio al poeta lucano Vito Riviello. Assurdo e familiare è un libro a me molto caro, mi riporta indietro nel tempo e mi rasserena quella vena satirica e scherzosa, ma al contempo tagliente, che caratterizza una poesia sempre attuale e accattivante.

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