venerdì 8 maggio 2015

Francesco Dalessandro

ELEGIA DOMESTICA E AMOROSA

                      
Il rito lustrale della domenica
mattina rinfresca, ristora la casa:
come ala di passero lieve strofini
le superfici impolverate spazzi
i pavimenti lavi metti a posto
soprammobili e ninnoli minuzie
raccolte forse in viaggio o regalate
alle tue mani, ordine e pulizia,
raddrizzi i quadri (le piccole tele
senza valore fatte da pittori 
dilettanti ma care all’abitudine
degli affetti e del tempo) le foto
dei nostri cari morti mentre il sole 
cola oro fuso sui vetri già tersi
sulle foglie dei lauri sopra l’erba
che rinverdisce, il rosso di mattoni 
piastrelle vasi ruggine di attrezzi 
del giardino ringhiere dei balconi,
il carapace delle tartarughe
che sull’erba o il cemento in amoroso 
cimento sono prese. Così passa
solerte la mattina. Dal cortile 
e dal parco si mischiano le voci
acute dei bambini, le cornacchie
si chiamano dai rami. Lentamente 
l’ora matura e insieme si contenta 
del tuo lavoro, provvida formica
a me cara… 
                          
                    Più tardi nella stanza
dove riposi t’avvolge la penombra
che i rumori attutisce o allontana: 
riposi mentre veglio le tue spalle  
nude l’incavo bruno della schiena
e la curva del fianco che riaccende
il ricordo di estivi pomeriggi 
lontani quando stanca per le lunghe 
ore di sole e sciolta nella doccia
la salsedine il sale sulla pelle
nuda sul letto fresco ti lasciavi  
andare abbandonandoti al ristoro 
del sonno; io ti vegliavo
smanioso finché uscendo dal torpore 
languido già di desiderio madido
il tuo corpo si apriva a labbra e dita, 
alla lingua che il sale delle labbra 
aspergeva e gustava finché onda 
di tempesta saliva e nella spuma 
di un implacato mare andavo a fondo
e mi scioglievo…             
                           Sarai mia cicala,
presto, ti sveglierai nell’ora accesa 
della sera festiva e alle salive
dolci delle tue labbra il desiderio
offrirà il suo vessillo; anch’io piegato 
– oh piagato – il tuo oro sulla lingua
fuso assaporerò con impaziente
furia… 
            Ah vieni fa’ presto sali sali 
e lascia che con cauto movimento
lascia che in te mi assesti che t’invada 
prona nel vizio inquieto che ti reca 
scialo dolce di fiocchi…
                                       S’abbandona
tra le mie braccia la tua vita, scivoli 
al mio fianco ti siedi esci dal letto,
«è tardi, è tardi» dici e sorridendo
sospiri, fuggi via.

La domenica intanto già s’avvia
a perdersi col tenero clamore
dei bambini che escono dal parco
e adulti stanchi per la prima corsa
al mare di Fregene. Era salita
la sua febbrile ansia insieme al fuoco
del sole lungo l’edera e sui rami
dei pini escludenti allo sguardo
l’orizzonte verso cupola e croce
slanciate nel celeste. Adesso scioglie
tutte le voci in un silenzio azzurro
e i suoi colori in un casto brusio 
mentre la sera stende le sue ombre 
sul verde del Pineto, dove trova
pace anche il falconetto; s’addormenta
dietro i lauri la nostra famigliola,
ben riparata, stanca delle lunghe
scaramucce domestiche, amorose. 

Da Ore dorate, Il Labirinto, 2008

1 commento:

  1. Un bel poema che rappresenta una vita di coppia magnificata dalla sintonia delle anime. In questi versi, amabili tanto d'aver voglia subito di rileggerli ed assaporarli ancora una volta, si sente lo stile sostenuto della narrazione, senza essere scontato, mantenendo l'interesse del lettore, non solo per la storia, ma anche per la qualità poetica che lega insieme le parole. E' stato facile immaginare le scene che scorrevano attraverso un fluido musicale, ricercato e raggiunto, sono entrato subito in empatia con la poesia ed ho molto gradito questa lettura.
    Un caro saluto.
    Francesco

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