lunedì 21 aprile 2014

Geoffrey Hill

IL CANZONIERE DI SEBASTIAN ARRURRUZ (I)
                 Sebastian Arrurruz: 1868-1922


1

Dieci anni senza te. Così succede.
I giorni procedono costanti, pietosa
Ripetizione che non attrae nessuno.

Come studioso disciplinato, già ne ricompongo
I frammenti, oltre ogni congettura
Stabilisco sequenze precise di dolore.

Perché così è corretto trovare valore
In un’arte desolata, come nella cosa restaurata:
Le parole da tanto perdute di scelta ed addio.          


COPLAS

I
“Non si perde ciò che non si è posseduto”
Questa gemma irritante è già abbastanza.                                   Posso perdere quello che voglio. Voglio te.

II
Oh mia cara, sarò afflitto per te
Per il resto della vita con lievi
Variazioni di tono, oh mia cara.

III
Derido a mezzo mezza verità, annoto:   
“La feroce brevità dell’amore sensuale”.
Mi sconvolge anche questo.

IV
È a lui che scrivo, è a lei che parlo
In un silenzio contenuto. Saranno toccati
Dall’estranea passione fra loro?


3

Quello che altri uomini fanno con altre donne
Non è orgia né sacramento, per me,
Né una lingua di straniera schiettezza.

Solo mera occasione o distanza casuale
Dalla quale potresti muoverti e dire il mio nome
Come io dico il tuo, contrattando con gli dèi

Miscellanei del sonno per avere
Quanto più posso: un alieno paesaggio,
Il sogno dove sempre ritrovarti.
                                                                                                        (segue)

Traduzione di Francesco Dalessandro

Da Collected Poems, Oxford University Press New York, 1986

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