venerdì 8 marzo 2013

Dino Campana


UNA STRANA ZINGARELLA

Tu sentirai le rime scivolare
In cadenza nel caldo della stanza
Sopra al guanciale pallida a sognare
Ti volgerai, di questa lenta danza
Magnetica il sussurro a respirare.
La luna stanca è andata a riposare
Gli ulivi taccion, solo un ubriaco
Che si stanca a cantare e ricantare:
Tu magra e sola con i tuoi capelli
Sei restata. Nel cielo a respirare
Stanno i tuoi sogni. Volgiti ed ascolta
Nella notte gelata il mio cantare
Sulle tue spalle magroline e gialle
I capelli vorrei veder danzare
Sei pura come il suono e senza odore
Un tuo bacio è acerbetto e sorridente
E doloroso – e l’occhio è rilucente
È troppo bello, l’occhio è perditore.
Sicuramente tu non sai cantare
Ma la vocetta deve essere acuta
E perforante come il violino
E sorridendo deve pizzicare
Il cuore. I tuoi capelli sulle spalluccine?
Ami i profumi? E perché vai vestita
Di sangue? Ami le chiese?
No tu temi i profumi. Il corpicino
È troppo fine e gli occhi troppo neri
Oh se potessi vederti agitare
La tua animuccia tagliente tremare
E i tuoi occhi lucenti arrotondare
Mentre il santo linfatico e canoro
Che dovevi tentare
Spande in ginocchio nuvole d’incenso
Ringraziando il Signore
E non lo puoi amare
Christus vicisti
L’avorio del crocifisso
Vince l’avorio del tuo ventre
Dalla corona non sì dolce e gloriosa
Nera increspata movente
Nell’ombra grigia vertiginosa
E tu piangi in ginocchio per terra colle mani sugli occhi
E i tuoi piedi lunghi e brutti
Allargati per terra come zampe
D’una bestia ribelle e mostruosa.
Che sapore avranno le tue lacrimucce?
Un poco di fuoco? Io vorrei farne
Un diadema fantastico e portarlo
Sul mio capo nell’ora della morte
Per udirmi parlare in confidenza
I demonietti dai piedi forcuti.
Povera bimba come ti calunnio
Perché hai i capelli tragici
E ti vesti di rosso e non odori.

Da Opere e contributi, a cura di Enrico Falqui, Vallecchi, 1973

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