mercoledì 11 gennaio 2012

José María Alvarez


WILLIAM BECKFORD RICORDA LADY HAMILTON,
QUANDO, DURANTE UNA FESTA A FONTHILL, INTERPRETÒ “AGRIPPINA CHE RECA LE CENERI DI GERMANICO IN UN’URNA D’ORO”

Gemma della memoria
che ci consola col passato,
fra quelle poche immagini
che trapelate nel tempo
si rivelano simboli preziosi
del nostro desiderio,
di quello che siamo veramente,
è così che tu vieni,
non è la prima volta,
a ornare le mie notti. E con te
torna tutto il contorno
che ti rese possibile. Torna Fonthill
nel suo splendore, in quell’alba
magnifica, quando sulle sete d’una festa
non certo per spiriti volgari,
apparisti, risplendendo, e guardandomi
mi sono chiesto a volte
se non eri la morte – interpretasti
il dolce canto di Agrippina
che reca le ceneri di Germanico.
Com’eri bella, e come quella bellezza
è simbolo della nostra, del nostro
fantastico destino.
Oggi, cara, lo vedi, la fortuna
come queste nubi oscurano i campi
che un minuto prima brillavano gloriosi,
ha offuscato i nostri giorni. L’abietto
sogno al quale in questi tempi si assogetta
la sventura della società, già non permette
più quella meraviglia. Il nostro mondo
è morto, e con esso la bellezza della vita
sparirà, sparirà qualunque segno
d’intelligenza, l’Arte che amiamo sparirà.
Lieto di non vederlo. Ho la speranza
che menti come quelle che verranno
non potranno immaginarmi. Intanto,
vedi, sono felice. Ho approfittato
di questa bella
giornata. La cosa mi piace,
ho comprato qualche libro prezioso, ho passeggiato
e c’era una luce d’incanto quest’oggi.
Succeda quel che succeda
la mia vita fu un’opera perfetta
e un passato così è sufficiente
a non svilire gli anni che mi restano.
Prima d’addormentarmi, ho accarezzato
la tua immagine. E con la purezza
d’animo che dona un disprezzo così assoluto
ho preso sonno come un bambino.


Traduzione di Francesco Dalessandro

Da El escudo de Aquiles, Ediciones del Dragón, 1987

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