venerdì 25 novembre 2011

Gianfranco Palmery


IL NOME FERITO

Sarà questo forse l’inferno: mantenere
una mente mondana e fatti d’aria
e fuoco vagare per il mondo invisibili,
con il carico fiammeggiante dei desideri
traditi e irrealizzati e contemplando
la propria opera incompiuta, abbandonata
diabolicamente a metà rimpiangere
la mancata divinità del compimento;
e in un vento che affascina e sferza
consumarsi di inutile ardore
per ciò che al mondo si è amato senza
perfezione e annientamento: sospirare
le azioni, le irraggiungibili figlie
del cielo, o le parole che restarono
un sotterrato tesoro. E così bruciare
senza lacrime
per il nome ferito che si lascia,
e poiché nessun fiato di verità
e pena alla vita svilita sopravvive,
con cuore umano disperare in eterno.


ANTIFONA

Oh cuore umano: tu solo fai del tuo inferno
la tua consolazione. Sono aria
che rianima quei macchinosi, risibili
venti infernali, soffi, folate d’un respiro
che dirada i sospiri arieggia il covo
soffocante dove oppresso vivi dal peso
dei progetti mancati delle opere
lasciate a metà, da polvere e oblio mutati
ormai in parodia di se stessi;
e il fuoco futuro inganna il raggio
infuocato del rimorso in questo
lento languire che arde, l’occhio rivolto
al cielo basso dei sogni dei pensieri
dissipati, vani vapori, nuvole
pigre ondanti sotto un sole diafano, bianco,
un fantasma
di sole, questa luce dell’accidia:
poiché l’obliqua finzione illude e attesta
la verità di una pena che è eterna, ora
e qui, nel presente, e senza redenzione.


da L’opera della vita, Edizioni della Cometa, 1986


1 commento:

  1. le poesie di Palmery, le altre, queste e con queste il ritratto di Tasso, sono bellissime, indimenticabili e compiute!

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